Monarcomachia.

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MONARCOMACHIA

Teoria politico-religiosa del XVI-XVII secolo che giustifica come legittima la resistenza contro un sovrano ritenuto ingiusto e nemico della fede. Fu elaborata e sostenuta soprattutto in Francia, nel contesto delle guerre di religione, da alcuni scrittori ugonotti. Più che un appello generico alla ribellione popolare, era l'idea che la resistenza al tiranno debba essere condotta dai magistrati e dalle istituzioni rappresentative del regno. Il dibattito assunse dimensione europea con le opere dello scozzese G. Buchanan (1506-1582) e con quelle dei teologi della seconda scolastica, in particolare il trattato De rege et regis institutione, del gesuita Juan de Mariana (1599), che sollecitarono le risposte di Giacomo I d'Inghilterra in difesa del diritto divino dei re.

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UGONOTTI

I protestanti francesi, di tendenza calvinista, nel contesto delle guerre di religione (XVI secolo). Nonostante le misure repressive poste in atto nella prima metà del Cinquecento, si diffusero in diverse province, a partire dalle città universitarie e dai centri commerciali, come La Rochelle e Lione. Erano gruppi di operai, mercanti e piccoli proprietari, spesso sostenuti dalle autorità cittadine. Alla Chiesa di Parigi (creata nel 1555) e a quelle fondate in seguito aderirono anche membri dell'alta borghesia e dell'aristocrazia. Con la morte di Enrico II (1559) e l'ascesa dei cattolici Guisa, nelle vicende degli ugonotti, guidati dai Borbone, si intrecciarono la lotta politico-dinastica e contrasti religiosi. Con la pace di Saint-Germain-en-Laye (1570) ottennero la libertà di culto e alcune città (places de sûreté) completamente autonome sotto il loro controllo. La strage dei capi ugonotti della notte di san Bartolomeo (1572) ne accelerò poi la trasformazione in partito politico e diede impulso alle dottrine della monarcomachia. Una relativa tolleranza caratterizzò il regno di Enrico IV di Borbone, che garantì, con l'editto di Nantes (1598), i diritti civili e il libero esercizio del culto, oltre al possesso di alcune fortezze. Ma la situazione peggiorò con la reggenza di Maria de' Medici e con Luigi XIII. Nel 1628-1629 Richelieu, con l'assedio di La Rochelle e l'inglobamento di tutte le places de sûreté, segnò la fine della loro potenza politica. Il distacco della grande nobiltà, le repressioni e le conseguenti emigrazioni li indebolirono, fino alla revoca dell'editto di Nantes (1685). Luigi XIV, teso a riaffermare il gallicanesimo, colpì gli ugonotti con una serie di gravi misure, ricorrendo anche alle dragonnades (obbligo di alloggiare i dragoni) e alle conversioni forzate. Ne seguì un vero esodo, soprattutto verso l'Olanda e l'Inghilterra, che arricchì questi paesi di artigiani e professionisti di valore e fece tornare la Francia un paese esclusivamente cattolico. L'editto del 1787 garantì ai protestanti residui l'esercizio dei diritti civili che la rivoluzione estese paritariamente a tutte le confessioni religiose.

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RELIGIONE, GUERRE DI

(1562-1598). Prolungato conflitto civile tra cattolici e calvinisti francesi per motivi politici, economici e religiosi. Gli scontri furono scatenati dai cattolici, insoddisfatti della politica oscillante della reggente Caterina de' Medici verso gli ugonotti, guidati dal principe di Condé e successivamente da de Coligny. Dopo una prima fase, il conflitto riprese nel 1567 e la regina si decise a trattare: con la pace di Saint-Germain (1570) gli ugonotti ottennero quattro piazzeforti e de Coligny entrò nel consiglio della corona. Fu poi però la stessa Caterina, contraria alla sua politica antispagnola, a ispirare l'omicidio di de Coligny e il massacro degli ugonotti nella notte di San Bartolomeo (1572). In conseguenza di ciò la guerra civile riesplose con maggiore violenza. Nasceva intanto la lega cattolica capeggiata dal duca Enrico di Guisa che limitò fortemente l'autonomia del nuovo re Enrico III (1574), giudicato troppo arrendevole. Nel 1585 ci fu un'ultima recrudescenza degli scontri. Il re eliminò a tradimento i Guisa e cercò l'appoggio ugonotto, designando Enrico di Borbone suo successore. Questi, salito al trono con il nome di Enrico IV, nel 1593 abiurò il protestantesimo e, con l'editto di Nantes (1598), regolò la convivenza delle due confessioni.

SAN BARTOLOMEO, NOTTE DI

(23-24 agosto 1572). Durante le guerre di religione in Francia vi fu consumato il massacro di 2.300 ugonotti a Parigi e di altri 12.000 in provincia nei giorni successivi. L'eccidio fu deciso da Carlo IX su istigazione della regina madre Caterina de' Medici, che voleva impedire che il re, su consiglio dell'influente capo ugonotto Gaspard de Coligny, appoggiasse la ribellione dei Paesi bassi ostacolando così la sua politica filospagnola.

GUISA

Nobile famiglia francese, discendente da un ramo cadetto dei Lorena. La contea di Guisa, già angioina, fu assegnata nel 1504 a Renato II di Lorena e suo figlio, Claudio (1496-1550), ne ottenne nel 1528 l'innalzamento a ducato. Da allora si succedettero sette duchi, sino a Francesco Giuseppe, morto senza figli nel 1675. I Guisa furono tra i protagonisti delle guerre di religione in Francia. Francesco (1519-1563), figlio di Claudio, fu uno dei migliori condottieri francesi durante l'ultima fase (1552-1558) della guerra contro gli Asburgo. Con lui i Guisa divennero i capi della lega cattolica. Con la strage degli ugonotti da lui provocata a Vassy il 1° marzo 1562 contribuì a determinare la fine della politica di tolleranza tentata da Caterina. Fu ucciso l'anno seguente. Il figlio Enrico (1550-1588) ebbe anch'egli una parte di rilievo nelle guerre di religione. Combatté vittoriosamente contro i tedeschi giunti in aiuto dei protestanti (nel 1575 e nel 1587) e strinse legami con Filippo II di Spagna. Fu fatto uccidere nel 1588 nel castello di Blois dal re Enrico III assieme al fratello cardinal Luigi. Il duca Enrico II (1614-1664) ebbe parte negli intrighi svoltisi al tempo di Richelieu. Gli ultimi duchi di Guisa non fecero più parlare di sé. Con l'estinzione della famiglia il ducato passò ai Condé, che lo tennero fino alla rivoluzione francese.

NANTES, EDITTO DI

(1598). Promulgato da Enrico IV di Francia per pacificare i rapporti fra cattolici e ugonotti, garantiva a questi ultimi la libertà di culto ovunque tranne Parigi e le residenze reali e dava loro in pegno un centinaio di piazzeforti, fra cui La Rochelle. Fu revocato da Luigi XIV con l'editto di Fontainebleau (1685), che provocò l'espulsione di oltre 300.000 ugonotti.

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Mariana, Juan de-.

Umanista, storico e filosofo spagnolo. Entrato nell'ordine dei Gesuiti, fu predicatore e docente di Teologia a Roma, Palermo e Parigi; si ritirò quindi a Toledo per dedicarsi agli studi filosofici e storici e alla composizione delle sue opere che, oltre al valore documentario, rivelano una vasta erudizione e una non comune propensione alla scrittura. Per le tesi anticonformiste che contenevano, i suoi libri furono condannati dai Gesuiti francesi e poi messi all'Indice; egli stesso fu perseguitato dall'Inquisizione. Fra le sue opere si segnalano in particolare: il trattato De rege et regis institutione (1599), nel quale affermò la liceità morale del regicidio, nel caso in cui un re (al quale il potere viene delegato dalla collettività) si trasformi in tiranno; la Historia general de España (1592), che egli stesso tradusse dal latino in castigliano (1601); il Discursus de erroribus; il De monetae mutatione (Talavera de la Reina 1536 - Toledo 1624).

Giacomo.

Nome di due re d'Inghilterra. ║ G. I: re d'Inghilterra e d'Irlanda e, col nome di G. VI, di Scozia. Figlio della regina di Scozia, Maria Stuarda, e di lord Henry Darnley, quando la madre fu costretta ad abdicare, a un anno dalla sua nascita, fu incoronato re di Scozia (29 luglio 1567) col nome di G. VI. A partire dal 1585, raggiunta la maggiore età, poté assumere direttamente il governo della Scozia, appoggiandosi alla regina d'Inghilterra, Elisabetta, per stroncare l'opposizione della turbolenta nobiltà scozzese. Temperamento debole, accorto e sfuggente, evitò di intervenire in favore della madre quando questa fu condannata a morte (1587), e la sua fedeltà alla corona inglese gli consentì nel 1603 di succedere alla regina Elisabetta sul trono d'Inghilterra e d'Irlanda. Prima della morte di Elisabetta, nonostante la differenza di vedute tra calvinisti e anglicani, non vi era stata una seria minaccia alla pace interna e all'ordine del regno, dato che i calvinisti inglesi non avevano adottato la filosofia antirealista che caratterizzava invece quelli francesi e scozzesi, nè gli anglicani avevano fatto propria la dottrina del diritto irrevocabile del re. La situazione cambiò dopo la successione al trono di G. la cui politica contraddittoria scontentò sia i cattolici, che inizialmente avevano visto in lui un loro alfiere, sia i protestanti, provocando inoltre la scissione della Chiesa anglicana in High Church e Low Church. Tutto ciò creò una situazione che favorì, dopo la sua morte e la successione al trono di suo figlio Carlo I, lo scoppio della guerra civile. Piuttosto importante è il posto occupato da G. nella storia delle dottrine politiche. Infatti a lui si deve l'enunciazione più completa della teoria sul diritto divino dei re, derivata, oltre che dalla lettura dei testi francesi che trattavano di questo argomento, dall'esperienza diretta della sua famiglia, ed esposta nell'opera La vera legge delle libere monarchie (1598). Per "libera monarchia" egli intendeva il governo regio indipendente tanto da interventi stranieri, quanto da interferenze da parte della nobiltà feudale. L'essenza della monarchia consiste nel suo potere supremo su tutti i suoi sudditi, poiché i re "sono i luogotenenti di Dio in terra." Applicando la propria teoria al regno di Scozia, G. affermava che i re esistevano prima che esistessero gli Stati e le classi, e prima che fossero fatte le leggi. Stabilito che il diritto del re passa in eredità ai suoi discendenti, G. affermava che è sempre illegale spodestare un erede legittimo e, sulla base di questo principio, intendeva affermare il proprio diritto, strettamente ereditario, al trono di Scozia e a quello di Inghilterra. Egli riconosceva che in tutte le questioni ordinarie un re dovrebbe avere, verso le leggi vigenti, lo stesso rispetto che pretende dai suoi sudditi, ma questo solo per una forma di sottomissione volontaria. Inoltre ammise sempre di dovere rispondere delle proprie azioni, affermando però che questo doveva avvenire solo davanti a Dio e non davanti ai sudditi (Edimburgo 1566 - Theobalds Park, Hertfordshire 1625). ║ G. II: re d'Inghilterra e d'Irlanda e, col nome di G. VII, di Scozia. Figlio di Carlo I e di Enrichetta Maria di Francia, salì al trono nel 1685, alla morte del fratello Carlo II. Scarsa era stata la sua influenza durante il periodo della guerra civile e anche dopo la restaurazione (1660) quando aveva assunto il titolo di duca di York. In seguito alla sua conversione ufficiale al Cattolicesimo, nel 1672, aveva dovuto dimettersi da tutti gli incarichi. Quando si prospettò la possibilità di una successione cattolica, si riaprì la questione del diritto ereditario dei re, in contrapposizione al diritto del Parlamento. Per quanto le pretese ereditarie di G. fossero legittime e conformi ai principi realisti, la sua successione, vista come minaccia per il protestantesimo, sollevò serie preoccupazioni nella maggior parte degli inglesi. Salito al trono, egli tentò di attuare la restaurazione del Cattolicesimo, ma le sue iniziative scossero fortemente l'opinione pubblica, dato che la maggioranza degli inglesi era fermamente decisa a conservare il Protestantesimo. Con la rivoluzione incruenta del 1688, si compiva l'ultimo atto del dramma della politica inglese del XVII sec. G. si rifugiava in Francia e con la sua deposizione la Casa Stuart lasciava definitivamente il trono d'Inghilterra (Londra 1633 - Saint-Germain-en-Laye 1701).

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